Diritto di FamigliaUnioni e regimi patrimonialiDiritti patrimoniali dei coniugi: guida completa

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In sintesi: i diritti patrimoniali dei coniugi dipendono dal regime prescelto (comunione legale o separazione dei beni), dagli strumenti di protezione come il fondo patrimoniale e dalle regole su debiti, casa familiare e impresa familiare. Conoscere queste norme significa tutelare il proprio patrimonio, prevenire conflitti e costruire il progetto di vita coniugale su basi chiare e condivise.

Che cosa comporta il matrimonio a livello patrimoniale?

Quando si parla di matrimonio, si ha riguardo per lo più all’aspetto romantico e affettivo connesso al vissuto della relazione e si tende a non considerare che il vincolo coniugale comporta anche importanti conseguenze patrimoniali che è fondamentale conoscere, sia per tutelare i propri interessi sia per evitare spiacevoli sorprese in futuro.

Come funziona la comunione legale dei beni?

La comunione legale dei beni è il regime ordinario applicato automaticamente in Italia, salvo diversa scelta dei coniugi.

Comunione legale dei beni: il regime ordinario

In Italia il matrimonio determina automaticamente l’instaurazione del regime di comunione legale dei beni. Il principio è espresso nell’art. 159 c.c. secondo cui “il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a norma dell’articolo 162, è costituito dalla comunione dei beni…”. La comunione legale opera quindi automaticamente in assenza di una diversa scelta dei coniugi.

Il regime di comunione legale dei beni prevede in pratica che tutti i beni acquistati durante il matrimonio, anche se intestati a uno solo dei coniugi, entrino a far parte di un patrimonio comune, di cui ciascun coniuge è proprietario al 50%. L’art. 177 c.c. stabilisce che “costituiscono oggetto della comunione: a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali”. Trattasi di disposizione che comporta l’automatica inclusione nella comunione di tutti i beni acquistati in costanza di matrimonio, indipendentemente dall’intestazione formale. Tale principio opera anche nel caso in cui il bene sia destinato a bisogni estranei a quelli della famiglia ed il corrispettivo sia pagato, in via esclusiva o prevalente, con i proventi dell’attività separata di uno dei coniugi.

Ciascun coniuge rimane pertanto proprietario al 50% dei beni che rientrano in comunione e, ai sensi dell’art. 194 c.c., “la divisione dei beni della comunione legale si effettua ripartendo in parti uguali l’attivo ed il passivo”.

Quali beni restano personali e non rientrano nella comunione?

È importante sottolineare che la comunione non si applica retroattivamente: i beni posseduti prima del matrimonio rimangono di proprietà esclusiva del coniuge che li deteneva. L’art. 179 c.c. lett. a) stabilisce espressamente che non costituiscono oggetto della comunione “i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento”. La norma prevede altresì che restino personali:

  • i beni acquisiti per donazione o successione (lett. b);
  • i beni di uso strettamente personale (lett. c);
  • i beni che servono all’esercizio della professione (lett. d);
  • i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno e le pensioni per perdita della capacità lavorativa (lett. e);
  • i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento di beni personali quando ciò sia espressamente dichiarato (lett. f).

Per quanto concerne i beni immobili o mobili registrati, come gli autoveicoli, l’art. 179, co. 2, c.c. precisa che l’acquisto di tali beni è escluso dalla comunione, quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge.

Che cos’è la separazione dei beni e quando conviene sceglierla?

La separazione dei beni è un regime patrimoniale alternativo alla comunione, orientato all’autonomia patrimoniale di ciascun coniuge.

Separazione dei beni: come si sceglie

I futuri coniugi possono optare per il regime di separazione dei beni (art. 215 c.c.), una scelta che deve essere dichiarata con l’atto di celebrazione del matrimonio (quindi anche davanti al ministro del culto cattolico officiante nel matrimonio concordatario, purché alla presenza di due testimoni) o diversamente formalizzata con un atto pubblico davanti al notaio.

Con questo regime, ciascun coniuge mantiene la proprietà esclusiva dei beni acquistati, indipendentemente dal momento dell’acquisto, per cui, ai sensi dell’art. 217 c.c. “ciascun coniuge ha il godimento e l’amministrazione dei beni di cui è titolare esclusivo”.

Opponibilità ai terzi e modifiche del regime

L’opponibilità ai terzi di tale regime è disciplinata dal quarto comma dell’art. 162 c.c. Da tale norma discende che l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio della scelta del regime costituisce forma di pubblicità sufficiente per renderlo noto ai terzi.

Eventuali modifiche del regime successive alla celebrazione del matrimonio, considerando il disposto dell’art. 163 c.c., devono avvenire nel rispetto dei requisiti previsti dalla legge, quindi con atto pubblico ed annotazione a margine dell’atto di matrimonio. Da rilevare che la modifica del regime patrimoniale ha efficacia esclusivamente per gli acquisti successivi alla stipula dell’atto modificativo e non produce effetti retroattivi sui beni già acquisiti.

Perché scegliere la separazione dei beni?

La separazione dei beni non è una scelta “contro” il coniuge, ma può rispondere a esigenze pratiche legittime: la tutela di patrimoni preesistenti, la protezione da eventuali rischi professionali, o semplicemente la volontà di mantenere una maggiore autonomia gestionale. Va ricordato che i coniugi possono modificare il regime patrimoniale anche dopo il matrimonio, mediante convenzione stipulata per atto pubblico e annotata a margine dell’atto di matrimonio.

Come devono contribuire i coniugi ai bisogni della famiglia?

Contributo ai bisogni della famiglia: obblighi dei coniugi

Indipendentemente dal regime patrimoniale scelto, entrambi i coniugi sono tenuti a contribuire ai bisogni della famiglia “in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo”, come recita l’art. 143 c.c. Il lavoro professionale, di colui che produce reddito, è equiparato a quello domestico, che hanno pertanto pari dignità e rilevanza.

Il contributo del lavoro domestico non è inoltre suscettibile di misurazione quantitativa, essendo precluso dal vincolo solidaristico matrimoniale un giudizio comparativo volto ad accertare quale dei coniugi abbia contribuito in misura maggiore o minore. Opera, infatti, una presunzione di paritaria contribuzione di entrambi i coniugi ai bisogni familiari.

Da sottolineare che i bisogni della famiglia, al cui soddisfacimento i coniugi sono tenuti a norma dell’art. 143 c.c., non si esauriscono in quelli, minimi, al di sotto dei quali verrebbero in gioco la stessa comunione di vita e la stessa sopravvivenza del gruppo, ma possono avere, nei singoli contesti familiari, un contenuto più ampio, soprattutto in quelle situazioni caratterizzate da maggiori disponibilità patrimoniali dei coniugi.

L’art. 145 c.c. prevede inoltre specifici strumenti di tutela in caso di inadempimento dell’obbligo contributivo, stabilendo che il giudice, su istanza di chiunque vi ha interesse, provvede ai sensi dell’art. 316-bis c.c., assegnando con decreto le quote di reddito.

La casa familiare è protetta? Quali diritti ha il coniuge non proprietario?

Casa familiare: diritti e tutele speciali

Non esiste una norma specifica contenuta nel codice civile che protegga la casa familiare durante il matrimonio. Al coniuge non proprietario non è attribuito alcun potere sulla proprietà esclusiva dell’altro coniuge, per cui non può impedire il compimento di atti di disposizione che non condivide, a meno che non si dimostri che essi comportino la concreta violazione degli obblighi di assistenza economico-materiale della famiglia incombenti sul coniuge proprietario.

Occorre, peraltro, ricordare che per i beni in comunione legale, l’art. 184 c.c. stabilisce che gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili registrati, quali gli autoveicoli.

Debiti dei coniugi: chi risponde e con quali beni?

Responsabilità per i debiti in comunione legale

Un aspetto spesso sottovalutato in relazione ai rapporti patrimoniali tra i coniugi riguarda la responsabilità per i debiti. L’art. 186 c.c. costituisce la norma cardine per la responsabilità patrimoniale in regime di comunione legale, stabilendo che “i beni della comunione rispondono: a) di tutti i pesi ed oneri gravanti su di essi al momento dell’acquisto; b) di tutti i carichi dell’amministrazione; c) delle spese per il mantenimento della famiglia e per l’istruzione e l’educazione dei figli e di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell’interesse della famiglia; d) di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi”.

L’art. 189 c.c. disciplina la responsabilità per le obbligazioni contratte separatamente dai coniugi, in un regime di comunione legale dei beni, stabilendo che “i creditori particolari di uno dei coniugi, anche se il credito è sorto anteriormente al matrimonio, possono soddisfarsi in via sussidiaria sui beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato”.

A completamento, l’art. 190 c.c. prevede la responsabilità sussidiaria dei beni personali, stabilendo che “i creditori possono agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi, nella misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti”.

Responsabilità per i debiti in regime di separazione dei beni

In regime di separazione dei beni, il principio generale è quello dell’autonomia patrimoniale di ciascun coniuge.

L’art. 192 c.c. disciplina i rimborsi e le restituzioni, stabilendo che “ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall’adempimento delle obbligazioni previste dall’articolo 186”.

Che cos’è il fondo patrimoniale e come protegge i beni familiari?

Fondo patrimoniale: come proteggere i beni familiari

Per proteggere determinati beni destinati ai bisogni della famiglia, i coniugi possono costituire un fondo patrimoniale (artt. 167-171 c.c.). Si tratta di uno strumento che vincola immobili, mobili registrati o titoli di credito al soddisfacimento dei bisogni familiari, rendendoli non aggredibili dai creditori per debiti estranei alle esigenze della famiglia. Il vincolo può essere costituito da ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o ad opera di un terzo, anche per testamento.

L’art. 168 c.c. chiarisce che “la proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di costituzione”, mentre “i frutti dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia” (ad es. i canoni di locazione di un immobile vincolato al fondo).

Il cuore della protezione offerta dal fondo patrimoniale è contenuto nell’art. 170 c.c., secondo cui “l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”, con la precisazione che i bisogni familiari sono comprensivi non solo delle necessità essenziali, ma anche delle esigenze volte al pieno mantenimento e sviluppo della famiglia e al miglioramento del suo benessere economico.

L’art. 169 c.c. stabilisce importanti limitazioni: “non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l’autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità od utilità evidente”.

L’art. 171 c.c. disciplina la cessazione del fondo, stabilendo che “la destinazione del fondo termina a seguito dell’annullamento o dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio”. Tuttavia, “se vi sono figli minori il fondo dura fino al compimento della maggiore età dell’ultimo figlio”, garantendo così continuità nella protezione patrimoniale anche dopo la fine del matrimonio.

Tenuto conto del fatto che il fondo patrimoniale può essere oggetto di revocatoria da parte dei creditori, esso rappresenta uno strumento di protezione patrimoniale efficace, purché utilizzato correttamente e con piena consapevolezza dei suoi limiti e delle sue potenzialità. La sua efficacia dipende dalla corretta costituzione e trascrizione ai fini dell’opponibilità ai terzi.

Impresa familiare: quali diritti spettano al coniuge collaboratore?

Impresa familiare: diritti del coniuge collaboratore

L’art. 230-bis c.c. costituisce il fondamento normativo dell’impresa familiare, istituto introdotto dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, con la precipua finalità di garantire tutela al lavoro continuativamente prestato all’interno della famiglia, superando la presunzione che tale lavoro fosse svolto per spirito di affezione e benevolenza.

La norma stabilisce che “il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato”.

La disciplina dell’impresa familiare riconosce al collaboratore familiare una tutela articolata su due livelli distinti:

  • il diritto al mantenimento (secondo le condizioni patrimoniali della famiglia, indipendentemente dalla qualità e quantità del lavoro prestato per tutto il tempo della durata dell’impresa);
  • il diritto alla partecipazione patrimoniale (ovvero a vedersi riconosciuta al momento della cessazione dell’impresa o della partecipazione alla medesima, la ripartizione degli utili, ai beni acquistati con essi e agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato).

È importante sapere che il collaboratore familiare partecipa agli utili ma non alle perdite dell’impresa, che restano a carico unicamente del titolare, e il calcolo degli utili spettanti deve essere effettuato al netto delle spese di mantenimento.

Caso pratico: mutuo pagato da un solo coniuge, si possono chiedere indietro le somme?

Un caso pratico

La Corte d’Appello di Roma, sez. III civ., con la sentenza n. 3174 del 21/05/2025, affronta una questione inerente i rapporti patrimoniali in cui i coniugi si trovano spesso coinvolti nel corso del matrimonio.

Un marito paga interamente le rate del mutuo contratto insieme alla moglie per l’acquisto della casa coniugale, nonostante fossero sposati in regime di separazione dei beni. Dopo la separazione, l’uomo chiede la restituzione delle somme versate, sostenendo di aver contribuito economicamente più della moglie.

La pronuncia della Corte romana, dopo che il Tribunale dà ragione al marito nel primo grado di giudizio, è particolarmente significativa in quanto stabilisce un principio di grande rilevanza pratica già affrontato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 5385 del 21/02/2023: non sono ripetibili le somme pagate da uno solo dei coniugi in costanza di matrimonio a titolo di rate del mutuo contratto da entrambi in solido per l’acquisto della casa coniugale, anche se cointestata, in quanto, in assenza di prova contraria di un differente accordo tra i coniugi, si presume che tali dazioni concorrano a realizzare il progetto di vita comune.

L’aspetto saliente della decisione risiede nel riconoscimento che l’irripetibilità trova fondamento nei principi di solidarietà matrimoniale quale adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143 c.c., ovvero in una presunzione di gratuità degli esborsi effettuati in costanza di matrimonio. La sentenza stabilisce inoltre che tale principio opera indipendentemente dal regime patrimoniale adottato dai coniugi, trovando applicazione anche in presenza di separazione dei beni, atteso che i doveri di collaborazione nell’interesse della famiglia, solidarietà e assistenza morale e materiale tra i coniugi sanciti dall’art. 143 c.c. prescindono dal regime patrimoniale prescelto.

La decisione della Corte d’Appello conferma un orientamento giurisprudenziale di grande interesse dimostrando come il diritto sappia evolversi per tutelare il principio di solidarietà familiare, impedendo che la fine del matrimonio si trasformi in una resa dei conti economica che snaturerebbe il significato stesso dell’unione matrimoniale. La pronuncia evidenzia come i contributi economici versati durante il matrimonio per la casa familiare non possano essere considerati come “prestiti” da restituire, a meno che non siano stati espressamente disciplinati come tali dagli stessi coniugi, ma come espressione concreta di quel progetto di vita comune che caratterizza l’essenza stessa del matrimonio.

Quando è utile richiedere una consulenza legale sui diritti patrimoniali?

Consulenza legale sui diritti patrimoniali: quando richiederla

La consapevolezza dei propri diritti patrimoniali non mina l’armonia coniugale, anzi la rafforza. La trasparenza e la conoscenza delle regole rappresentano la migliore prevenzione contro future controversie, permettendo alla coppia di costruire il proprio progetto di vita su basi solide e condivise, anche nell’interesse dei propri figli. Il diritto di famiglia moderno offre strumenti flessibili per adattare il regime patrimoniale alle esigenze concrete di ogni coppia: conoscerli significa poter scegliere consapevolmente.

Se desideri una valutazione personalizzata della tua situazione patrimoniale coniugale, è possibile richiedere una consulenza legale presso il nostro Studio Legale Scagliola Demichelis ad Alba (Cuneo), nelle Langhe, oppure da remoto tramite videocall. Lo studio assiste coniugi e famiglie di Alba, Langhe e provincia di Cuneo in materia di comunione e separazione dei beni, fondo patrimoniale, impresa familiare e tutela del patrimonio, oltre che in ambito tributario, del lavoro e dei diritti dei minori.

Domande frequenti sui diritti patrimoniali dei coniugi

Meglio comunione legale o separazione dei beni?

Dipende dalla situazione personale e patrimoniale. La comunione legale mette in comune gli acquisti fatti durante il matrimonio e valorizza la condivisione del progetto familiare. La separazione dei beni è spesso preferita in presenza di patrimoni preesistenti, attività d’impresa o maggiori rischi professionali, perché garantisce una più netta autonomia patrimoniale.

La separazione dei beni mi protegge dai debiti del coniuge?

In linea di principio sì, perché ciascun coniuge risponde dei propri debiti con il proprio patrimonio. Tuttavia, per i debiti contratti nell’interesse della famiglia (ad esempio spese per il mantenimento o l’istruzione dei figli) la responsabilità può estendersi anche all’altro coniuge o ai beni utilizzati per le esigenze familiari.

Il fondo patrimoniale blocca sempre i pignoramenti?

No. Il fondo patrimoniale protegge i beni solo rispetto ai debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia e se il creditore ne era consapevole. Per alcune tipologie di debiti, in particolare fiscali o legati all’attività professionale, la protezione può non operare.

I debiti fiscali possono colpire i beni del fondo patrimoniale?

In molti casi sì. La giurisprudenza tende a ritenere che alcune obbligazioni fiscali e contributive non siano automaticamente estranee ai bisogni della famiglia, soprattutto se connesse ai redditi che sostengono la vita familiare. È quindi essenziale valutare il singolo caso con un avvocato.

Se compro una casa prima del matrimonio, entra in comunione con il coniuge?

No. I beni acquistati prima del matrimonio rientrano tra i beni personali del coniuge che li ha acquistati, ai sensi dell’art. 179 c.c., e non entrano automaticamente nella comunione legale, salvo diverse pattuizioni o circostanze particolari (ad esempio conferimenti successivi).

Se compro una casa durante il matrimonio posso intestarla solo a me?

È possibile intestare formalmente l’immobile a un solo coniuge, ma in regime di comunione legale l’acquisto compiuto durante il matrimonio, salvo che rientri in un caso di bene personale, entra comunque a far parte della comunione. L’intestazione, da sola, non basta a escludere il bene dalla comunione.

La casa cointestata in separazione dei beni è sempre al 50%?

Di regola sì: la cointestazione comporta la comproprietà in parti uguali, indipendentemente dal regime patrimoniale. Eventuali differenti accordi sulla ripartizione dei contributi economici vanno dimostrati e valutati caso per caso.

Se pago io tutte le rate del mutuo posso chiedere la restituzione dopo la separazione?

In via generale, no. La giurisprudenza (tra cui Cass. 5385/2023 e Corte d’Appello di Roma n. 3174/2025) ritiene che i pagamenti effettuati in costanza di matrimonio per la casa familiare si presumano eseguiti in adempimento del dovere di contribuzione ai bisogni della famiglia, salvo prova di un diverso accordo tra i coniugi.

Il lavoro domestico dà diritto a una tutela patrimoniale?

Sì. L’art. 143 c.c. equipara il lavoro domestico a quello professionale quanto al contributo ai bisogni familiari. Inoltre, nell’ambito dell’impresa familiare (art. 230-bis c.c.), il collaboratore familiare che lavora in modo continuativo ha diritto al mantenimento e a partecipare agli utili, ai beni acquistati con essi e agli incrementi dell’azienda.

Quando è consigliabile chiedere una consulenza legale su questi temi?

È opportuno rivolgersi a un avvocato prima di acquistare immobili, di costituire un fondo patrimoniale, di cambiare regime patrimoniale, in presenza di debiti rilevanti o quando si affrontano separazioni, divorzi e questioni ereditarie che coinvolgono i beni della famiglia coniugale. Una consulenza preventiva consente di tutelare il patrimonio e prevenire contenziosi.

Studio Legale Scagliola Demichelis

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